Agire l’etica nell’educazione, nella cooperazione e nella professione
dialogo con
Roberto Pergameno, Emergency
Prof. Alberto Quagliata, Università di Roma Tre
Kate Ngezi, mediatrice culturale e Presidentessa Ass. camerunensi in Italia
27 Gennaio 2020, Ore 18.00, Il Gabbiano, Latina
Ogni volta che agisco nel qui e ora non solo cambio io ma cambia l’universo.
Questa posizione lega il soggetto con le sue azioni in maniera inseparabile a tutti gli altri, stabilisce quindi un prerequisito per fondare un’etica.
H.von Foerster, 1990
“Se la diversità culturale è una categoria dell’etica, dell’estetica o dell’etnologia comparata, la differenza culturale è un processo di significazione attraverso il quale le affermazioni della cultura e sulla cultura differiscono, distinguono e autorizzano il prodursi di campi di forza, riferimento, applicabilità e capacità” (Bhabha, 2001).
L’etica di una “Terra come patria”, unica e comune, non si fonda sulla razionalizzazione, che è “cieca” e rende impossibile comprendere i problemi attuali; più aumenta il modello razionalizzatore, tutt’oggi ancora prevalente, più, paradossalmente, aumenta l’incoscienza, cioè l’incapacità di cogliere il contesto planetario in tutte le sue urgenti problematiche.
Purtroppo, proprio nel momento in cui il pianeta ha sempre più bisogno della nostra capacità di capire i problemi fondamentali e globali, nel momento in cui noi abbiamo bisogno di comprendere la loro complessità, i sistemi di insegnamento tradizionali adottati in tutti i Paesi continuano a separare, a disgiungere le conoscenze che dovrebbero invece essere interconnesse, e continuano a formare menti unidimensionali ed esperti riduzionisti che privilegiano una sola dimensione dei problemi umani, occultando tutte le altre. La scienza economica, ormai tanto sofisticata da essere diventata regina e guida delle nostre politiche, non riesce a concepire e a comprendere tutto ciò che non è calcolabile, quantificabile: passioni, emozioni, gioia, infelicità, credenza e speranza, che sono poi la carne dell’esperienza umana. Così la nostra formazione scolastica, universitaria, professionale ha fatto di noi degli uomini incapaci di farsi carico della condizione di cittadini della Terra, oggi divenuta necessaria.
Ecco dunque l’urgenza, vitale, di “educare all’era planetaria”.
Questo compito rende necessaria una riforma del nostro modo di conoscere, una riforma del nostro modo di pensare, una riforma dell’insegnamento: tre riforme interdipendenti. In questa prospettiva e per questa ragione mi pare necessario ripensare i problemi di metodo. Metodo inteso non come programma, ma come aiuto per affrontare la sfida onnipresente della complessità. Inoltre, è necessario dare un senso alla nozione di complessità, una parola molto utilizzata ma spesso solo per esprimere un’incapacità di descrizione o di spiegazione, ed è necessario anche proporre alcuni princìpi per affrontare le diverse complessità che incontriamo, al fine di concepire l’era planetaria nella sua dimensione storica, e quindi multidimensionale, e di indicare che nella crisi generalizzata di questo secolo appena iniziato si sta formando l’infrastruttura di una società-mondo che è ancora in gestazione, ma che noi dobbiamo aiutare a nascere.
Morin E. – Kern B., Terra-Patria, Ed. R. Cortina, Milano, 1994, p.53
Iniziativa interessante spero sarà presto replicata