La responsabilità del Paese che accoglie e la responsabilità delle persone che approdano: questioni di vittimizzazione.
M: La vittimizzazione è un motore distruttivo che vanifica e fa rifiutare la propria responsabilità individuale. Il passaggio successivo è “dare la colpa agli altri”.
L: La vittimizzazione è una questione radicata e si sviluppa su molteplici ordini logici: quella autoinflitta, quella assorbita, quella imposta e quella diffusa. Appartiene un po’ a tutti gli attori del sistema … a volte è implicita.
M: Sì, infatti non intendo solo la vittimizzazione del migrante, ma anche quella del nero. Come nero, posso dire che spesso si rifiuta completamente una visione alternativa a quella vittimistica. Cioè … come a dire, ad esempio “non voglio andare a scuola perché mi sento complessato in una classe di bianchi … e, ovviamente, questa è colpa degli altri”.
L: Anche il modello riprodotto dagli operatori sociali … le parole degli esperti dell’accoglienza, celano, neppure troppo, l’idea occidentale di una bambinizzazione del migrante: una persona sospesa in una età della “non-autonomia” … un’età disorientata e inquieta, alla quale è opportuno fornire repertori di ribellione – culturalmente accettati, in quanto affermazioni e conferme dell’ordine sociale che li permette – entro cui iscrivere atteggiamenti e comportamenti noti e conosciuti (Lapassade, 2008). Anche le ribellioni, insomma, devono confermare agli operatori delle istituzioni le immagini che essi hanno dei giovani: la vittimizzazione del giovane migrante messo al centro di interessi e preoccupazioni e inserito in un nuovo contesto di regole; la drammatizzazione della condizione dei giovani migranti nel nostro paese; l’istituzionalizzazione di un’età immatura a cui vengono forniti percorsi di “redenzione” e affermazione di sé, per confermare all’infinito la tesi ‘scientifica’ che ha prodotto tale immaginario.
Scrive l’etnopsichiatra R. M. Moro (2005, pp. 17-21):
[…] niente, se non un bisogno di limiti, di regole, di leggi, di punizioni, di riparazioni … abbiamo molte difficoltà a pensare la differenza, a rispettarla, a iscriverla nei nostri modi di fare […]. Le reazioni di fronte a questa differenza difficile da accettare sono inquietanti e pericolose: l’intolleranza, il razzismo, la paura, l’irrigidimento in tutte le sue forme e per entrambe le parti coinvolte.
Il rischio è quello di agire una violenza interrelata al ricorso continuo a cliché su chi dovrebbero essere questi ragazzi e quali dovrebbero essere i loro comportamenti, di adesione come di ribellione.
M: La vittimizzazione può nascere anche dalla poca fiducia in se stessi e nelle proprie capacità, anche nella mancanza di una prospettiva evolutiva e … forse può essere definita culturalmente: una persona cresciuta in Africa, che ha sempre pensato che “tutto quello che fanno i bianchi è una cosa giusta” e indiscutibile, che crede personalmente alla supremazia bianca e non mette mai la sua responsabilità in discussione … non comprende che se studiasse avrebbe dei benefici.
Svegliarti, andare a cercare di formarti per ottenere una qualifica professionale … è una questione di scelta. Preferiscono restare a casa e mettere foto sui social … mettendo foto che mostrano una realtà immaginaria, che di fatto non esiste ma che risponde proprio a quella rappresentazione mediatica del benessere che tutti si aspettano. Vogliono ottenere una considerazione “elevata” in chi li osserva dai paesi, città, villaggi …
L: Sì, capisco … stai raccontando una questione che mi sta molto a cuore: immaginari potenti alimentati da ideorami e mediorami (Appadurai, 2005)generano e sono a loro volta generati da mitiche menzogne; menzogna di menzogna, lo shock sconvolgente all’arrivo nel paese d’approdo non può essere assolutamente raccontato, pena la sconfitta e l’esclusione dal gruppo familiare … meglio mostrarsi ricchi e soddisfatti, mettendo in scena un copione grottesco …
M: L’educazione è la base del successo nel mondo: educarsi e prendersi cura della propria emancipazione vuol dire scoprirsi e disciplinarsi, vuol dire imparare da se stesso e imparare anche a conoscere il proprio valore. Una persona che impara a conoscere tutto questo di se stessa, non si considera inferiore … si considera una persona completa e si considera pronta ad affrontare qualsiasi cosa che incontra.
L. Quindi, stai dicendo che l’educazione è l’unica arma o, diciamo meglio, rimedio … antidoto, soluzione che si ha per uscire dalla spirale della vittimizzazione e auto-colonizzazione?
M: Sì, ma attenzione! Sto parlando di autoeducazione!
Ti parlo di me, del mio vissuto personale … intanto l’educazione che ho ricevuto in Mali è completamente diversa da quella che “respiro” qui e che ho dovuto comprendere, da solo … Io mi sono auto-educato negli anni, anche nel mio Paese. Considera che … vivevo con 8 fratelli più grandi di me, e subivo la loro autorità … vuol dire che loro erano legittimati ad agire un potere su di me … potere spesso decisionale che si concludeva con l’attivazione di comportamenti violenti. Ho imparato da me stesso. Quando qualcuno mi dice “fai così” … io prima rifletto prendo tutto il tempo … e poi, solo se ritengo che sia giusto lo faccio ma … Sempre con consapevolezza e senza paura.
L: Per autoeducarsi … bisogna avere una struttura di personalità e una intelligenza pronta e gentile, una sensibilità attiva e capace di andare oltre il velo culturale e il pregiudizio. Se tu, hai questa capacità e queste risorse, è molto merito tuo … ma anche dell’ambiente e degli stimoli che hai saputo “far ricchezza” nel tempo. Nessuno si educa completamente da solo … Mi capisci?
M: Ti capisco, come diceva Mandela, tutte le cose sono state impossibili, finché qualcuno le ha rese possibili. Ascolta … non può esserci educazione senza libertà. Credo nella libertà, nella mia, intima, di scegliere e decidere non permettendo a nessuno di orientarmi o decidere per me. Questa è la mia personale de-colonizzazione, scegliere di essere libero …
Questo vuol dire scegliere, agire la responsabilità e uscire dalla vittimizzazione.
L: Ci sono altri meccanismi e altre dinamiche che concorrono alla vittimizzazione, ad esempio, quella legata alle istituzioni e alle professioni educative … non credi?
Mahamadou Ba e Lavinia