Un segnale forte (oltre a quelli inquietanti e drammatici sul piano sanitario) che il recente lockdown ci ha inviato è l’allarme sull’arretratezza della informatizzazione in questo Paese. La pandemia di Covid-19 ha impresso un necessario cambiamento globale nel modo di vivere, lavorare e socializzare oltre che, ovviamente, sul sistema scolastico ed universitario nel suo complesso. In questa fase si è evidenziato in modo inequivocabile come un livello base di inclusione digitale sia diventato, ormai, quasi universalmente indispensabile. In Italia le famiglie connesse a internet sono il 76,1%, con grandi differenze tra le regioni del nord e quelle del sud. Secondo l’indice DESI (digital economy and society index) che monitora i progressi di ogni Paese, in Europa l’Italia è 25esima su 28. Nelle scuole italiane, in particolare, ogni 100 alunni sono disponibili in media 5,7 dispositivi informatici (pc o tablet che siano) e 1,8 LIM, numeri assolutamente risibili. Questa situazione sta creano un peggioramento delle già drammaticamente presenti discriminazioni tra classi sociali e l’inevitabile interruzione di quello che viene definito “ascensore sociale” che sembra ormai definitivamente bloccato. Si sono avute testimonianze da parte di numerosi docenti su situazione di totale isolamento di molti alunni durante il lockdown per l’impossibilità di accedere ad una qualsivoglia forma di collegamento informatico. Lo Stato si dovrebbe attivare per consentire alle famiglie in povertà di dotarsi di accesso a internet ed avere almeno un computer da destinare ai propri figli.
I maggiori ritardi, infatti, si registrano proprio nelle situazioni chiave per una società che voglia attuare una politica di inclusione dei giovani e delle famiglie. Sempre secondo lo studio effettuato dal DESI il 64% dei giovani italiani ha competenze digitali di base, contro una media Ue superiore all’80% e il 2% delle famiglie in Italia (il doppio rispetto alla media Ue) non ha accesso a internet da casa. “La regione con meno famiglie che hanno accesso a internet è la Calabria, con il 67,3%. Ampia la differenza anche tra grandi centri urbani e piccoli comuni: l’80,4% delle famiglie ha internet a casa nelle aree metropolitane, mentre nei piccoli comuni (meno di 2000 abitanti) sono solo il 69,6%.” Si legge nel report.
La pandemia di Covid-19 ha accresciuto esponenzialmente il divario tra la popolazione informatizzata e quella che ne è privata. Un altro studio, questa volta del Capgemini Research Institute definisce le conseguenze del divario tra la popolazione online e quella offline. Lo studio titolato “The Great Digital Divide: Why bringing the digitally excluded online should be a global priority” evidenzia che già prima della pandemia il 69% delle persone senza accesso online viveva in povertà e che il 48% della popolazione offline desiderava avere accesso a internet. Ovviamente la situazione degli ultimi mesi non ha fatto che aggravare questo dato.
Il Covid-19 ha inciso profondamente ed in maniera duratura sulla centralità del fattore informatizzazione a tutti i livelli e imporrà cambiamenti strutturali e culturali ai quali sarà impossibile sottrarsi. Il mondo del lavoro si sta ristrutturando velocemente ed altrettanto dovrà fare la pubblica amministrazione a cominciare dalla scuola. Vanno aumentati gli investimenti per garantire a tutte le scuole italiane la disponibilità di materiale informatico e un accesso ad una connessione veloce così come dovranno essere create le condizioni affinchè tutte le famiglie possano adeguare il proprio corredo informatico e il relativo accesso alla rete. La recente pubblicazione del “Piano scuola” da parte del MIUR purtroppo non invita a soverchie illusioni. Poco è stato definito nel concreto lasciando gran parte delle decisioni alle conferenze dei servizi organizzate su basi regionali e facendo leva sui meccanismi dell’autonomia scolastica. E’ vero che molte differenze si sono notate tra istituti che anno anticipato i tempi accedendo ai fondi disponibili per l’informatizzazione della didattica ed altri che non l’hanno fatto ma non si può allargare questa differenza sia territoriale che tra i singoli istituti aumentando la discrezionalità a scapito di una forte opera di coordinamento nazionale. Il carteggio ospitato sulle pagine di “Repubblica” tra Romano Prodi e David Sassoli Presidente del Parlamento Europeo, fa ben sperare sul fatto che le forze politiche e le istituzioni comunitarie possano accogliere la proposta di rendere diritto inalienabile l’accesso alla rete come proposto dall’ex Presidente del Consiglio. Arriverebbe ancora una volta dall’Europa, per quanto riguarda l’Italia, la spinta a fare le dovute riforme (con buona pace di chi rifiuta sdegnato le critiche delle istituzioni comunitarie sull’immobilismo del sistema politico ed amministrativo italiano). L’auspicio è che si utilizzi l’emergenza per fare ciò che si sarebbe dovuto fare comunque per adeguare il sistema scolastico ed universitario agli standard della gran parte degli altri Paesi europei.
Roberto Pergameno