La banalità del meme

C’è voluta una settimana per trovare la forza di scrivere qualcosa sull’ennesima strage avvenuta a pochi metri dalle nostre coste. Giorni consumati dal lutto, ma anche necessari per riuscire a costruirsi un’opinione capace di andare oltre il mero appiattimento emotivo che in molti abbiamo provato davanti a quelle immagini. Giorni in cui, dopo la tragedia, abbiamo avuto modo di ascoltare le oscene parole del ministro Piantedosi, notare l’assenza della premier nel palazzetto di Crotone affollato di bare, registrare le testimonianze dei tanti esperti che con enorme determinazione ci ripetono che le condizioni per il salvataggio c’erano tutte. E, ovviamente, commuoverci davanti ai pianti disperati dei sopravvissuti, dei parenti delle vittime e della popolazione locale che non ha potuto far altro che assistere impotente a questa nuova strage che insanguina il Mediterraneo, divenuto oramai il confine più mortale dell’intero pianeta.

Come nelle precedenti occasioni, anche stavolta la morte di decine di innocenti ha fornito lo spunto per polemiche, speculazioni e regolamenti di conti interni, tanto più sui social dove sono fioriti post e meme che attraverso la banalità del fotomontaggio avanzavano paragoni impropri tra quelle morti e le primarie del PD, le plusvalenze della Juve e la crisi dei Ferragnez: una triste conferma di quanto interiorizzato e diffuso sia il razzismo del popolo delle “faccine che ridono”, capace di percepire le tragedie degli altri in esclusiva funzione delle proprie personalissime ossessioni – un’abitudine che evidentemente neanche la morte riesce a interrompere per qualche ora.

E d’altronde, nella maniera in cui vediamo combaciare le disumane dichiarazioni del ministro dell’interno e di altri esponenti di questo governo con quello che è l’umore popolare, risiede la più drammatica e dolorosa delle consapevolezze: quei politici stanno facendo e dicendo esattamente quello che i loro elettori si aspettavano da loro. Come ci ricorda la scrittrice Francesca Melandri “sono proprio le società democratiche europee di cui ognuno di noi è parte e agente a produrre queste politiche di morte.”

A ridosso del recente voto, un inasprimento delle condizioni di disumanità entro le quali intende muoversi questo governo erano d’altro canto largamente prevedibili: un processo simile a quello già varato all’indomani delle precedenti elezioni, quando con l’insediamento del primo governo Conte si era assistito a un’escalation emotiva sui temi dell’immigrazione che aveva contagiato l’intero paese, alimentata da spettacolari performance dell’allora ministro degli Interni Salvini. Tra cui, indimenticabile tra le tante, quella in cui tentò di negare l’attracco alla nave Sea Watch3 nel porto di Trapani, in contemporanea con una demonizzazione mediatica della sua ammiraglia Carola Rackete, definita di volta in volta zecca tedesca, complice degli scafisti e trafficanti e sbruffoncella: accuse che costarono a Salvini una denuncia per la quali proprio questa settimana (si, quella del naufragio di Cutro) il Senato ha negato l’autorizzazione a procedere.

“L’attività della mia Guardia costiera è stata fortunata. – afferma l’ammiraglio Vittorio Alessandro all’indomani della strage – Salvavamo centinaia di migliaia di vite umane e, nonostante il grandissimo lavoro e lo sforzo immane, per tutti noi era un vanto, un orgoglio portare a terra ogni persona. E soprattutto ti arrivava il riconoscimento, la stima di un Paese intero. Poi è arrivato il governo Conte e sono cambiate le regole d’ingaggio: le nostre motovedette venivano chiamate taxi del mare”.

Governi legittimamente eletti, il primo Conte e l’attuale Meloni, che si limitano in realtà a fare solo quello che avevano ampiamente promesso in campagna elettorale: per la destra italiana l’immigrazione è una questione identitaria, probabilmente l’unica che gli è rimasta, se si escludono le crociate sul gender. Per cui anche gesti di gratuita cattiveria – come quello di far sbarcare a La Spezia una nave carica di minorenni raccolti vicino Lampedusa, per poi trasferirli subito dopo in autobus a Foggia – hanno un’efficacia simbolica nel soddisfare la brama di sangue del proprio elettorato. Ed è d’altronde sull’unico tema dell’immigrazione che si gioca oramai da anni il 100% del consenso politico nazionale, come testimonia un rapporto dell’OSCEPA (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) del 5 marzo 2018 sulle elezioni di quell’anno, da cui si evince che l’immigrazione aveva “avuto un ruolo sproporzionato nella campagna elettorale, ed a farne le spese è stato il dibattito su altre questioni che il paese si trova ad affrontare, a detta degli osservatori.” In pratica, è solo su questo argomento – o meglio, sull’amplificazione mediatica di cui è oggetto – che la stragrande maggioranza degli italiani orienta la propria scelta elettorale, e non su altri punti chiave come il costo del lavoro, il funzionamento della sanità pubblica o quello del sistema scolastico.

Dato il contesto e la natura dell’elettorato, e soprattutto in mancanza di idee chiare su tutto il resto, per vincere le elezioni chi punta a governare il paese non deve far altro che alimentare la psicosi migranti: mentre le associazioni di categoria lamentano la mancanza di manodopera in diversi settori chiave, il calo demografico mette in crisi il settore previdenziale e il futuro stesso di questo paese, e ci sono insomma infinite ragioni – qualora non bastasse il numero di cadaveri di cui si sta riempiendo il Mediterraneo – che spingerebbero a regolamentare in maniera legale i flussi migratori verso l’Europa, nel nostro paese si continua a urlare di emergenza migranti, a distanza di 31 anni da quell’otto agosto del 1991 che dovrebbe teoricamente sancire l’inaugurazione ufficiale di questa fantomatica emergenza.

Eppure, nel 2023, il quotidiano nazionale che viene distribuito nella mia città in abbinamento a quello locale, e che quindi finisce per campeggiare in ogni bar e per essere il più letto della giornata, continua a titolare emergenza immigrati in prima pagina per due giorni, senza nessun ritegno. E senza nessun ritegno, il giorno dopo la visita di Mattarella al palazzetto di Crotone pieno di bare e la contemporanea impossibilità a presenziare di Meloni, decide di lasciare a Osho il commento sulla vicenda, con una di quelle ironiche vignette che mandano in brodo di giuggiole il popolo delle “faccine che ridono”. Lo stesso popolo che poi va a votare e decide le sorti di una manciata di disperati, abbandonati a se stessi nel mare a forza sette davanti alle coste calabresi, la notte a cavallo tra il 25 e il 26 febbraio del 2023.

testo: Carlo Miccio
foto: Ansa

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