Cosa ci ha insegnato la pandemia? Niente

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Siamo entrati in lockdown dicendo che nulla sarebbe stato come prima (l’avevamo già sentito altre volte vedi 11 settembre per esempio). Ne usciamo con la certezza che veramente nulla sarà come prima perché, come ci suggerisce Umberto Galimberti “Cosa ci ha insegnato la pandemia? Niente. Torneremo al precedente stile di vita con la foga di chi ha vissuto un periodo di astinenza.”. Per due mesi, durante infinite sessioni di Zoom, ci siamo detti che questa poteva essere l’occasione giusta per mettere mano a quelle riforme strutturali del sistema indispensabili per contrastare le storture del liberismo e del globalismo senza regole specialmente su due argomenti chiave per il nostro futuro: l’ambiente e la redistribuzione della ricchezza.  Per entrambe le materie non solo non si sta vedendo nulla all’orizzonte ma abbiamo segnali che vanno esattamente all’opposto di quanto auspicato. A livello macroeconomico non si vede traccia delle proposte avanzate due mesi fa dal comitato di economisti che aveva sollecitato la Commissione Europea a prendere immediati provvedimenti ed iniziative. Le proposte erano le seguenti:

1 Il finanziamento immediato dei sistemi sanitari dell’Unione europea per l’aumento del personale sanitario e dei posti letto degli ospedali, per le spese riguardanti i test clinici e per le attrezzature per la protezione del personale sanitario.

2 Un sussidio di disoccupazione temporaneo per tutti i lavoratori a tempo indeterminato o a tempo determinato che rimarranno senza lavoro nei prossimi mesi a causa della flessione dell’attività produttiva.

3 Un indennizzo economico alle famiglie messe in quarantena domiciliare.

4 Sussidi e apertura di linee di credito alle imprese che devono sospendere temporaneamente l’attività a causa della messa in quarantena del personale o della caduta della domanda da parte dei consumatori.

5 Assistenza ai minori nel caso di ricovero di entrambi i genitori e agli anziani non auto-sufficienti nel caso di ricovero delle persone che li assistono. Aiuti alle famiglie nei periodi in cui le scuole sono chiuse a titolo precauzionale.

6 Un finanziamento straordinario del sistema scolastico per l’acquisto di apparecchiature che consentano la didattica a distanza.

7 Un finanziamento alle organizzazioni del terzo settore che operano a sostegno delle situazioni di emergenza createsi con la diffusione del coronavirus.

8 Infine, è necessario realizzare un grande piano d’investimenti, relativo a infrastrutture e ambiente, che rilanci l’economia europea già fortemente colpita dalla crisi finanziaria e ora messa in ginocchio dalla crisi sanitaria.

Di tutto ciò non si è visto ancora nulla e dire che queste sono soltanto manovre di contenimento del danno, non hanno alcuna valenza sul piano delle necessarie riforme strutturali.  David Grossman è convinto che “quando l’emergenza sarà finita, l’umanità ne uscirà migliore perché consapevole della sua fragilità e della caducità della vita”. La sintesi del suo pensiero si può tradurre nell’opportunità che avremo di interrogarci sugli effetti distorti della società del benessere. Ma fino ad ora sono prevalsi gli egoismi nazionali e gli interventi effettuati o programmati a sostegno del sistema produttivo sono stati pannicelli caldi. Non si ha avuto la forza e la volontà politica di intervenire neanche sulle minime questioni di pura giustizia fiscale a cominciare dal finanziamento a società con sedi in paradisi fiscali o l’adeguamento della fiscalità avverso a quelle multinazionali che operano nel/o attraverso il settore della web economy (i nomi sono noti non c’è nemmeno bisogno di indicarli). Non si comprende a questo punto perché, ad esempio, nelle prime settimane di lockdown non siano state interrotte almeno le operazioni puramente speculative di borsa se non la borsa nel suo complesso come si fece con Wall Street dopo l’attentato alle torri gemelle. Le borse dovrebbero essere chiuse per qualche settimana, al fine di evitare operazioni speculative a vantaggio dei già pingui portafogli di fondi privati e società finanziarie.

Sul piano della green economy è meglio stendere un velo pietoso. Non solo non si è preso minimamente in considerazione di attuare un piano di decarbonificazione e di sviluppo di produzione di energia con fonti rinnovabili (l’azzeramento o quasi del costo del greggio peraltro non ha aiutato) ma non si è operato nemmeno sul piano degli incentivi a favore di pratiche virtuose. Per contro, in un’ottica di contrasto alla diffusione del virus si sta riprendendo alla grande la produzione di oggetti realizzati con tutta la gamma di materiali derivanti da petrolio a partire dai prodotti da banco per i bar fino a guanti e presidi sanitari ed igienici.

Tutto questo mentre un gruppo di scienziati tra i quali William J. Ripple, Christopher Wolf, Thomas M. Newsome, Phoebe Barnard e William R. Moomaw, lancia l’ennesimo allarme e propone un’agenda a loro dire ineludibile:

1. Energia. Massiccio ricorso a pratiche di efficienza e di conservazione. Sostituzione dei combustibili fossili con rinnovabili a bassa emissione e altre fonti pulite di energia. Cessazione dell’estrazione di idrocarburi. Cancellazione dei sussidi alle compagnie petrolifere. Tassazione del carbonio tale da scoraggiare l’impiego degli idrocarburi.

2. Inquinanti a vita breve. Riduzione rapida degli inquinanti climatici non persistenti, tra cui metano, polveri sottili, idro fluorocarburi, con conseguente rallentamento di oltre il 50% della tendenza al riscaldamento globale nei prossimi decenni, salvando la vita a milioni di persone.

3. Natura. Protezione e recupero degli ecosistemi terrestri. Fitoplancton, barriere coralline, foreste, savane, praterie, paludi, torbiere, mangrovie, alghe contribuiscono all’assorbimento e sequestro dell‘anidride carbonica atmosferica. Rimboschimento e afforestamento.

4. Fonti alimentari. Aumentare la quota parte di vegetali nella dieta umana, riducendo soprattutto le carni rosse. Il cambiamento dietetico può ridurre le emissioni di metano e altri gas serra, consentendo l’aumento delle coltivazioni per il consumo umano, invece che per il bestiame.

5. Economia. Riduzione significativa dell’estrazione di minerali e dello sfruttamento eccessivo degli ecosistemi, fino a oggi giustificate dalla necessità di crescita economica. Definizione di un’economia carbon-free che tenga conto della dipendenza del genere umano dalla biosfera. La crescita del Pil e dell’affluenza non possono più essere gli obiettivi prioritari delle scelte politiche. La nuova strategia deve essere rivolta al conseguimento di ecosistemi sostenibili, insieme al miglioramento del benessere umano, riducendo le ineguaglianze e soddisfacendo i bisogni di base.

6. Popolazione. La crescita della popolazione in ragione di 80 milioni di persone l’anno – 200mila persone al giorno – non può continuare. Occorre giungere alla stabilità e possibilmente alla riduzione graduale della popolazione, garantendo l’integrità sociale, ovvero la giustizia sociale ed economica. Esistono esempi di efficaci politiche che rafforzano i diritti, riducendo al contempo il tasso di crescita della popolazione. Politiche di pianificazione familiari per chiunque, senza barriere all’accesso, per rimuovere le differenze di genere, garantendo educazione primaria e secondaria, soprattutto alle ragazze e giovani donne.

Che dire, il pessimismo regna sovrano, l’economia tradizionale avrà grandi difficoltà a superare la crisi economica e, proprio per rincorrere l’emergenza, non riuscirà a cogliere l’occasione per darsi una riorganizzazione all’intero sistema che tenda a garantire futuro e qualità alla vita.

Roberto Pergameno

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