Il finto buonismo di un decreto

  • Categoria dell'articolo:L'astrolabio

Il decreto del 13 maggio, prevede di normare una parte dei migranti irregolari che vivono in Italia. Riguarderà non più di 200mila delle circa 600mila persone che vivono in Italia senza un regolare permesso di soggiorno. Già questo dovrebbe far comprendere come sia limitato il suo impatto sulla situazione del disconoscimento dei fondamentali diritto per le persone migranti.

La procedura, frutto di un lungo e sconfortante negoziato tra i partiti di governo, è riservata solo ad alcune categorie lavorative e prevede che si possa chiedere la regolarizzazione del proprio status o attraverso i datori di lavoro che possono fare richiesta di regolarizzare un immigrato che vogliono assumere, oppure i migranti che possono chiedere un permesso temporaneo di sei mesi per cercare lavoro. In quest’ultimo caso di dovrà dimostrare di aver già lavorato nei settori previsti dalla riforma (cura delle persone non autonome, della casa e l’agricoltura).

Le organizzazioni (ONG e Associazioni che si occupano di immigrazione) che hanno promosso la campagna “Ero straniero”, in un comunicato hanno sottolineato i limiti di questa misura: “Non possiamo non ribadire che, per una reale efficacia dell’intervento, sarebbe stato necessario un allargamento quanto più possibile della platea dei beneficiari: innanzitutto non limitando l’accesso alla procedura di regolarizzazione prevista al comma 1 ai settori agricolo, di cura e lavoro domestico, ma aprendo anche agli altri comparti. Troppo restrittivi poi i requisiti richiesti al cittadino straniero per poter chiedere il permesso di soggiorno di sei mesi per cercare un lavoro, previsto dal comma 2. La garanzia di un contratto – in un qualsiasi settore – non è già un elemento sufficiente perché la persona assunta possa vivere dignitosamente e contribuire alla società? Che senso hanno queste limitazioni se l’obiettivo della misura è il contrasto dell’invisibilità, con tutte le gravi conseguenze sul piano economico, sanitario e di sicurezza sociale che tale condizione comporta?”.

Il malcontento per questa mediazione a ribasso sulla pelle di centinaia di migliaia di lavoratori migranti ha portato alla proclamazione dello sciopero che avrà luogo il 21 maggio proclamato della Usb Lavoro Agricolo per chiedere la regolarizzazione di tutti. In un comunicato diffuso in rete Usb spiega come il Decreto Rilancio ha nei fatti creato, con uno strettissimo spiraglio alla regolarizzazione che è però irto di sbarramenti e condizioni. Ciò che interessa al governo è, evidentemente, assicurarsi che frutta e verdura vengano colti e finiscano nei supermercati. Del tutto secondario, secondo quanto si comprende (al netto delle lacrime della pur brava ministra Bellanova) è il tema delle condizioni di lavoro nei nostri campi sia per gli stranieri che per gli stessi lavoratori italiani.

La chiamata alla mobilitazione riguarda anche i cittadini consumatori ai quali viene chiesto di aderire con uno sciopero della spesa da attuare sempre giovedì 21: “niente acquisti di frutta e verdura, in segno di solidarietà con la richiesta di regolarizzazione che proviene dall’universo degli invisibili delle campagne e delle periferie italiane”.

Una goccia nel grande mare delle ingiustizie sui luoghi di lavoro ma di gocce molte volte si è riempito il vaso della legalità, della giustizia e del progresso.

Roberto Pergameno

Lascia un commento