Costruire amicizie globali

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Ciascuno di noi ha la propria genealogia e la propria carta di identità terrestre. Ciascuno di noi viene dalla Terra, è della Terra, è sulla Terra. Apparteniamo alla Terra che ci appartiene
( E.Morin, A.B.Kern, Terra-Patria, Milano, Cortina, 1994, p.187)

Questo testo nasce grazie a una amicizia di lungo corso e diventa l’occasione per un approfondimento attraverso una intervista a più voci, che ha l’obiettivo di far incontrare la sensibilità del nostro collettivo con quella del CISV.

Il nostro collettivo opera su tutto il territorio nazionale (io vivo a Maranello) e tenta di creare una rete attiva, solidale, vivace e utile: dunque questo testo nasce all’insegna dello scambio e della conoscenza reciproche.

Per sviluppare società basate sulle persone piuttosto che sulle cose, la formazione di cittadini/e capaci di diventare promotori e membri attivi di una società più equa e pacifica non può passare in secondo piano. CISV international (formalmente Children’s international summer villages) opera per perseguire questo obiettivo.

Era l’agosto del 1946 quando la psicologa Doris Twitchell Allen, leggendo un articolo intitolato Insegnare al mondo come essere liberi, ebbe l’intuizione che si rivelò fondativa per l’organizzazione. Rimase colpita dalla tesi secondo cui “è nel settore dell’apprendimento e dell’insegnamento adulto che la battaglia per un’organizzazione pacifica mondiale sarà vinta o perduta”. Allen però, riteneva altrettanto fondamentale cominciare dai bambini. Così, nel 1950 in Ohio nacque CISV (organizzazione non governativa affiliata all’UNESCO) e l’anno successivo prese avvio il primo campo internazionale.

Educare alla convivenza interetnica (come ci ha ricordato Alexander Langer) è perciò l’obiettivo condiviso, ambizioso -e prezioso – dei programmi CISV e del nostro Collettivo.

Costruire ponti tra persone, Paesi, culture. Mediante un approccio action oriented – basato cioè sull’apprendimento attivo – partecipanti (11-16 anni), organizzatori e leader/accompagnatori (dai 21 anni in su), danno origine a esperienze educative co-costruite. Nel corso di incontri informativi e formativi, si lavora per instaurare solide relazioni con le famiglie dei partecipanti.

Le attività che vengono realizzate nei campi internazionali e nei progetti territoriali vogliono stimolare il superamento della logica secondo cui una persona è cittadina del proprio Stato-nazione, per orientare, invece, lo sviluppo della cittadinanza globale: “La dimensione planetaria della cittadinanza non è in cammino senza un impegno di pensiero, di decisione, di educazione. Da qui il bisogno di un nuovo ethos e di una nuova politica che decanti l’esser-cittadini-del-mondo secondo almeno tre principi-chiave: il rispetto dei diritti umani, sempre e ovunque; l’esercizio della solidarietà, come principio etico e politico, in un Mondo lacerato da orribili differenze e da terribili contrasti; l’incremento della laicità, che è sì valore e principio tutto occidentale, ma che solo può permetterci di abitare quello spazio nuovo della mondialità che è terreno di differenze e da valorizzare nelle differenze; laicità poi è tolleranza, accordo, dialogo e mai sopraffazione: pertanto è il solo criterio che può permetterci di stare nello “spazio dell’incontro” che è, ormai, la realtà e il senso della convivenza contemporanea a livello planetario. E anche tutto questo è processo formativo. E’ impegno educativo. E’ teorizzazione e progettazione pedagogica” (La cittadinanza planetaria: processo-in-atto e un compito-in-vista”, F. Cambi, Indire 2005)

Pertanto, per crescere cittadini del mondo, l’impegno educativo CISV si esplica all’interno delle seguenti quattro aree: diversità (si apprezzano le somiglianze e si valorizzano le differenze), diritti umani (tutti devono avere gli stessi diritti e le stesse opportunità), sviluppo sostenibile (si stimola la creazione di soluzioni sostenibili ai problemi che ci circondano), conflitti e risoluzione (viene incoraggiata la risoluzione pacifica dei conflitti).

Spinta dalla curiosità e dal desiderio di “vedere” come questo modello educativo potesse aver influito su chi lo ha sperimentato in prima persona ho realizzato, grazie all’indispensabile collaborazione di Monica Mammi del direttivo CISV di Modena, un incontro online con ragazze e ragazzi che hanno partecipato, a vario titolo, ai campi internazionali CISV. La conversazione guidata, veicolata in lingua inglese, ha consentito di dar forma a un intreccio di vissuti emotivi, conoscenze e consapevolezze.

Ciò che ha spinto molti di loro a intraprendere questa avventura è stato il desiderio di affrontare, all’interno di un contesto nuovo e pluriprospettico, temi importanti e di interesse globale. Sono rimasta particolarmente colpita dalla disinvoltura con cui tutti/e hanno contribuito alla discussione, rielaborando la propria esperienza in relazione a quella altrui.

In modo unanime, i partecipanti alla conversazione hanno descritto l’arrivo nel campo e l’impatto con la nuova realtà come spaesante e sfidante. Questa condizione di spaesamento condivisa è creativa e ha in sé un potenziale generativo; infatti, consente e favorisce l’incontro libero e non giudicante. Per mettere in atto pratiche che siano realmente inclusive e che considerino le differenze è di centrale importanza la «dimensione dell’incontro» (Cambi, 2004, in Lopez, 2018) e quindi la relazione.

Come ci ricordano Maurits e Filipe, però, per costruire legami solidi e duraturi è necessario curare e coltivare le amicizie internazionali, non limitandosi al tempo che si trascorre all’interno del campo. Infatti, il motto del CISV è: building global friendship.

Nel corso della nostra chiacchierata, discutendo di relazioni interculturali, fraintendimenti e difficoltà che possono scaturire dall’incontro con persone portatrici di differenti tratti culturali, Katelijne, propone una riflessione essenziale: Secondo me, i programmi CISV, le attività che vengono svolte nei campi, consentono di capire che alla fine le culture possono non avere tutta questa importanza. Diventare cittadini globali per me non significa appartenere a ogni cultura o capirle tutte. Nessuno sa tutto delle culture degli altri e spesso nemmeno i diretti interessati sanno tutto della loro cultura. Secondo me, si tratta più di diventare consapevoli delle differenze e delle somiglianze che naturalmente ci sono tra le persone; penso che sia pericoloso considerare le persone come prodotti delle loro culture. Le persone sono persone”. A mio avviso, in un mondo globalizzato, che unisce e al tempo stesso divide, questa presa di posizione è un richiamo chiaro alla necessità di recuperare la soggettività, di recuperare l’identità individuale, che si costruisce certamente all’interno di un determinato contesto culturale ma che è, soprattutto, unica e personale.

Tra le varie tematiche che sono emerse dalle condivisioni esperienziali dei/delle ragazzi/e, la questione più spinosa è stata quella del privilegio. E’ qui necessario fare una premessa: per prendere parte ai campi internazionali, i bambini e le bambine devono versare una quota, necessaria per spesare il viaggio e l’alloggio. Chiaramente, questo rende CISV un’organizzazione privilegiata. Pertanto, mi sono posta un interrogativo forse irrisolvibile: come rendere maggiormente inclusive queste esperienze che, così strutturate, consentono non solo l’incontro con l’altro ma anche lo sviluppo di un pensiero critico e costruttivista? Dal confronto con le ragazze e i ragazzi non è emersa una soluzione concreta e applicabile.

Nonostante ciò, Krishna e Katelijne, suggeriscono una strada possibile: riflettere maggiormente sulla propria condizione, porsi interrogativi sul minuscolo e immenso posto che ognuno di noi può occupare nel mondo; come lo vogliamo occupare questo posto?

Riportare queste riflessioni nei propri contesti di vita, personali e professionali, può favorire l’incontro e, perché no, anche lo scontro pacifico di “posizioni” diverse.

Spesso, non ci rendiamo conto di quanto siamo privilegiati finché la vita non ce ne fa fare esperienza. E dal contrasto con la presa di coscienza, le nostre parole possono diventare azioni, resistenza.

Testo: Benedetta Bertocchi
Foto: Marcello Scopelliti

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