Ogni giorno era lì sotto quell’albero, su quella sedia di canne, non proprio comoda. Sempre ben coperto, come tutti gli anziani. Non ricordo la sua voce, erano i suoi occhi che parlavano vigili sui bambini intenti a giocare a bordo strada. Non li perdeva mai di vista, i suoi nipotini e tutti gli altri bambini a cui il suo sguardo poteva arrivare. Noi arrivavamo e lui era lì, ci sorrideva e andavamo a stringergli la mano, inchinando la testa, come si usa da loro per rispetto agli anziani. Ogni tanto un bambino andava a farsi proteggere da lui, per una lite con un amichetto, per una caduta dolorosa o per un piccolo disagio passeggero. Lui eri lì. Non guardava solo i bambini, ma tutta la vita che scorreva sulla strada. Le donne che passavano per andare al mercato, i ragazzi in bicicletta, i venditori ambulanti. Chissà quante cose hanno visto i suoi occhi. Chissà che lavoro faceva. Quanto tempo era fuori casa e quanto ha tenuto in braccio i suoi figli.
Era seduto lì, fuori dall’accesso al suo cortile. Un cortile alveare, dove donne e bambini animavano il tempo in un brusio ininterrotto. La sedia sotto l’albero era il suo quartier generale, uno spazio tutto suo affacciato sul mondo, un ponte tra la strada e il cortile familiare.
Non abbiamo mai parlato, forse non avremmo neanche potuto capirci, ma mi piaceva trovarlo lì ogni mattina.
Sentivo che lo sguardo lo posava anche su di noi, un po’ goffi tra strada dissestata e pozzanghere. Mi piace pensare che lui sia sempre lì, di poterlo ritrovare quando tornerò. Ma mi piace ancor di più pensare che sta guardando anche noi, anche ora.
Testo: Brigida Angeloni
Foto: Giuseppe Burdino