Ba: Vengo dall’Africa, Mali. Situato nell’interno dell’Africa nord-occidentale, tra il Tropico del Cancro e la cintura equatoriale, il Mali comprende una parte importante del Sahara nella parte settentrionale e una lunga sezione del Niger con i suoi affluenti nella parte centrale. Il suo territorio confina a nord con l’Algeria, a est con il Niger, a sud-est con il Burkina Faso, a sud con la Costa d’Avorio e la Guinea, a ovest con il Senegal e la Mauritania. Non abbiamo il mare, ma solo due fiumi che attraversano il paese: il fiume Niger e il Senegal. Quindi non avevo mai visto il mare con i miei occhi, se non in televisione.
La prima volta che ho visto il mare è stata in Mauritania nel 2013. È stato incredibile: non avevo mai visto una tale immensità, ad eccezione del cielo. Ricordo come se fosse ieri, sono rimasto in riva al mare tutto il giorno a contemplare questa bellezza, mai vista prima, a respirare aria fresca, guardare le onde: è stato un momento unico, magico, speciale. Durante il periodo in cui ho vissuto in Mauritania, ogni volta che potevo, andavo al mare per gustarmelo appieno. Nel 2014 ero in Marocco e ho vissuto lo stesso rito: sono andato al mare a meditare perché è in riva al mare che ho trovato la pace dell’anima. E ho annotato qualunque cosa mi venisse in mente. In Algeria e in Costa d’Avorio è stata la stessa cosa. Nel 2016 ero in Libia per scoprire una realtà che non avevo idea essere così tragica. Dopo essere sfuggito più volte alla morte, una notte di dicembre, mi hanno condotto a bordo di una barca nel Mar Mediterraneo. Non ero solo: con me moltissimi uomini, donne, bambini e persino donne incinte. Non so nuotare, e mi è sembrata una vera condanna a morte. Eppure dentro di me ero molto felice: finalmente ero libero. Ero molto sereno, un uomo morto ancora in piedi, con intorno donne e bambini che piangevano senza sosta. C’erano urla ovunque. Ero di fronte all’acqua, sapevo che non saremmo sopravvissuti a questa prova così ho iniziato a guardare il mare infinito, sorridendo, perché non volevo morire triste. E sapevo nel profondo che la mia lotta per la gioventù africana, l’avevo fatta. Come avevo potuto e con i mezzi che avevo avuto. Ma non sapevo che il mare potesse fare miracoli, salvarci e darci un’altra possibilità di iniziare una nuova vita. Il mare è pieno di mistero, e ora so che il mare è anche speranza. Un pensiero a tutti coloro che non hanno avuto questa possibilità di sopravvivere. Possano riposare in pace. Non sapevo che aspettare i documenti potesse uccidere più del mare.
Roberto: Ho percorso la rotta inversa a quella di Ba tre volte, due verso la Tunisia e l’ultima verso l’Egitto. Nascere in una città di mare -Ostia è un quartiere di Roma – e in un Paese che è per gran parte costituito da una penisola circondata da tante isole, con oltre 8000 chilometri di costa che ti fanno vedere il mare come un elemento naturale, amico. Navigo da tanti anni per diletto e per lavoro, con la semplicità di chi sa di avere in tasca il passaporto giusto, quello che apre tutte le porte. Si parla tra amici e si decide dove andare e quando viene voglia di andare in Africa semplicemente si prepara la barca, si carica la cambusa, si fa il pieno di carburante e di acqua, si prende il passaporto e si parte. Perché il mare è un luogo amico per chi lo rispetta, sicuro per chi lo sa affrontare ed è un luogo come nessun altro nel quale ci si può ritrovare, si può scoprire cose di se che non si conoscevano. Il mare è un luogo naturalmente condiviso, i confini sull’acqua non si possono tracciare, si entra nelle cosiddette “acque territoriali” di un altro Paese senza accorgersene, c’è bisogno di tenere sotto controllo il GPS o la carta nautica per sapere che si è passati dalle “acque interazionali” a quelle appartenenti ad uno altro Stato. E’ importante sapere dove si sta navigando per tanti motivi, intanto perché ogni Paese ha le sue regole ed è giusto conoscerle ed adeguarvisi. E poi perché ci sono consuetudini e “riti marinari” ai quali è bene attenersi sempre: come quello di issare a drittavia dell’albero la bandiera di rispetto, quella del Paese dove si è entrati. Poche semplici cose e si va, senza problemi, così il mare diventa un luogo di gioia, condivisione, avventura, conoscenza, scambio tra persone. L’uomo onnipotente sulla terra diventa un essere solitario nella vastità del mare ed è in quei momenti che ti liberi di tutte le sovrastrutture culturali, sociali, economiche che ti hanno protetto o che hai usato come alibi e ti ritrovi da solo a guardarti per quello che sei veramente, un puntino nell’universo. Questa è la vera funzione salvifica del mare, ridarci una dimensione umana.
Testo: Mahamadou Ba e Roberto Pergameno
Foto: Marcello Scopelliti