Tre anni fa ho pubblicato un romanzo che, al momento, è in trattativa per la trasposizione cinematografica. Se succederà, dovrò moltissimo ai ragazzi e alle ragazze del Cinema Palazzo, dove presentai il libro circa un annetto fa. Fu in quell’occasione che incontrai la persona che per prima vide questa possibilità, e che da allora sta lavorando a questo progetto.
Ma, anche se la trasposizione cinematografica non si realizzasse, il mio debito di gratitudine verso il Nuovo Cinema Palazzo resterà comunque sempre alto. Pur abitando a Latina, a un’ora di macchina da quel luogo, le mie visite nel vecchio cinema abbandonato sono state sempre frequenti. Lì mi è stato possibile assistere a spettacoli intensi come quelli di Marco Ballestracci, a presentazioni illuminate come quelle di Pippo Russo, a serate musicali dove si ascoltava roba che in radio non passa mai. Li ho conosciuto idoli della mia adolescenza, come alcuni componenti dei Madness, con cui ho chiacchierato e bevuto birra, e lì ho conosciuto le attività dell’Atletico San Lorenzo, una società di calcio popolare che cerca di recuperare lo spirito inclusivo che questo sport – gioco secondo me – originariamente aveva.
Il Nuovo Cinema Palazzo Stamattina è una struttura occupata nel cuore di San Lorenzo, cioè quello che per antonomasia è il quartiere resistente di Roma. Dopo la sua chiusura, all’inizio di questo millennio, ne era prevista la trasformazione in un’enorme sala bingo, dove i pensionati del quartiere avrebbero potuto disfarsi dei loro risparmi alimentando di speranze vane le giornate ma soprattutto quella logica di ludopatia che si traduce nella formula elementare di “tassare i poveri”, gli unici che frequentano le sale bingo.
Il 15 aprile del 2011 un gruppo di cittadini e cittadine hanno occupato l’edificio, che da allora è rimato a vita nuova e diventato il cuore pulsante del quartiere, grazie ad un’offerta culturale rivolta a tutte le fasce d’età – dai bambini agli anziani – e che da subito si è guadagnato rispetto e riconoscimento da tutti gli abitanti del quartiere, abituati ai tanti locali del circondario che offrono intrattenimento solo sotto forma di consumo. Da allora, spettacoli, presentazione, concerti e tante altre forme di offerta culturale sono diventate disponibili a basso costo per una platea vastissima, composta dai vecchi abitanti del quartiere come da quelli nuovi – i tanti studenti universitari provenienti da tutta Italia che a San Lorenzo ci abitano.
Ma non solo: in momenti tremendi come quelli dell’omicidio dei Desiree Mariottini – avvenuto a poca distanza e trasformato dai media e politici in un attacco generalizzato al modello socialmente inclusivo di San Lorenzo – il NCP era diventato punto d’incontro e aggregazione per tutti gli abitanti che rifiutavano la facile etichetta del degrado, chiedendo invece interventi politici e sociali per trasformare il volto di un quartiere sempre più povero di offerta culturale e aggregativa ma sempre più ricco di locali e paninerie alla moda. Consumare meno e stare più tempo insieme: riassumendo, questa era la filosofia del luogo.
Dico era perché stamattina all’alba la polizia ha sgomberato lo spazio. Dopo quattro anni di minacce, la sindaca Virginia Raggi ha mantenuto la sua promessa di ristabilire quello che (secondo lei) è l’ordine e la legalità.
Un segnale chiaro, in tempi di pandemia, di quanto l’aggregazione su questioni che esulano dal consumo sia un qualcosa che questa società (e sicuramente la giunta del comune di Roma) non trova utile, al punto da criminalizzarlo e reprimerlo appena la situazione lo consente. Oggi, secondo Virginia Raggi, era il giorno giusto, e questo è avvenuto.
In tempi come questi, lo sgombero è un gesto ancora più grave e ricco di conseguenze: mentre si sprecano gli appelli a una pax sociale in nome della pandemia, la giunta capitolina decide di sferrare un attacco gratuito e violento a quello che è un simbolo di resistenza – e che si stava adeguando alle norme di quella pax evitando di creare aggregazione in quegli spazi (sottotesto: se lo trovavate pieno come al solito, col cavolo che vi riusciva lo sgombero!) ma rimanendo a vigilare il quartiere come un simbolo di resistenza, un esempio di come sia importante mantenere le visioni forti per sopravvivere a tempi duri come quelli attuali.
Insomma, tradotto nel linguaggio del quartiere, quella di questa mattina è stata una vera e propria vigliaccata: anzi, un’infamata, qualcosa che scava un solco profondissimo nella fiducia che la gente del quartiere ha verso le autorità. Era proprio di questo che avevamo bisogno, in questo momento, Virginia?
Carlo Miccio