Due chiacchiere con…Federico Scottoni

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Federico Scottoni è nato a Roma nel 1984 ed è cresciuto ai Castelli Romani, è un medico specializzato in Chirurgia pediatrica, dopo una esperienza lavorativa a Londra ed una nell’ospedale di Emergency in Sierra Leone dove ha seguito la sua attitudine alle attività culturali ed umanitarie adesso lavora presso l’ospedale pediatrico Regina Margherita di Torino. “Il tempo dei rimedi” è il suo primo romanzo.

R. Ci conosciamo da molti anni da quando eri studente di medicina e volontario di Emergency poi medico impegnato anche in una missione umanitaria quindi quando ho saputo che avevi scritto un libro immaginavo che parlasse della tua esperienza professionale ed umana invece si tratta di un argomento che potrei definire di fanta politica e fanta sociologia. Il mondo come dovrebbe essere dopo una rivoluzione economica e sociale profonda che tu chiami “Cambiamento”.

F. In effetti quando ci siamo conosciuti ero poco più di un adolescente, gli anni in cui si è delineata la mia visione del mondo e della società. Ritengo che Emergency abbia avuto un ruolo estremamente rilevante nella mia “formazione umana”, non solo l’istituzione Emergency, le azioni e la cultura che hanno sempre caratterizzato l’associazione, ma anche tutte le persone che per un motivo o per l’altro ho incontrato e frequentato nell’ambito delle mie attività di giovane volontario. Venendo al libro, devo dire che anch’io non mi sarei mai aspettato di scrivere un libro così, in fondo sono un chirurgo pediatra, ho sempre sognato di poter scrivere un libro ma avevo sempre immaginato un qualcosa di autobiografico. L’idea di questo libro nasce da un pensiero balenatomi nella mente mentre ero sulla metropolitana a Londra e scritto negli istanti successivi per non perderlo, la narrazione è nata attorno a quel pensiero in modo molto spontaneo. 

R. Il libro descrive una società che ha fatto una profonda trasformazione sulla spinta anche di imminenti catastrofi naturali causate da quello che è il nostro attuale sistema socio economico. E’ una trasformazione che avviene nell’arco di tempo di un trentennio, vengono trasformati tutti gli ambiti, da quello sociale a quello economico a quello ambientale. È la tua utopia, il tuo mondo ideale?

F. Preferirei definirlo un mondo che si confà ai miei ideali. Utopia è un termine bellissimo, nello stesso tempo porta con sé un’accezione di inattuabilità, lo stesso vale per mondo ideale. Sinceramente non credo né di aver elaborato un progetto di umanità innovativo, né che il mondo che descrivo rappresenti l’unica strada percorribile. L’idea che un assetto della società più legato al territorio ed alla condivisione sia la logica soluzione alle problematiche socio-economiche e ambientali che dobbiamo affrontare è stata largamente teorizzata da persone molto più competenti di me, d’altro canto, nel mio libro, c’è una visione semplicistica delle cose, nel momento in cui riuscissimo ad intraprendere una strada di quel tipo, sicuramente ci troveremmo ad affrontare una serie di problematiche che io non saprei neanche immaginare e che necessiterebbero di esser vissute per poter essere risolte.

R. C’è un passaggio che mi ha particolarmente colpito ed è quando tu accenni alle teorie di Michael Young il quale nel suo saggio del 1958 “The Rise of the Meritocracy” ha di fatto inventato la parola meritocrazia dandone però un’accezione negativa. Anche tu fai dire all’autore del programma del “Cambiamento” come la meritocrazia “giustifichi le differenze sociali che caratterizzano i sistemi capitalistici”, l’ho trovato molto interessante.

F. Mi fa molto piacere che tu sia rimasto colpito proprio da quel passaggio. È una delle prime cose che ho scritto, quando ancora non avevo idea che avrei inglobato quell’accozzaglia di pensieri e ragionamenti in un romanzo. Successivamente ho provato più volte a rimaneggiarlo e tagliarlo in quanto risultava forse troppo articolato, non ci sono mai riuscito, lo volevo così com’è! Non essendo riuscito a sintetizzarlo nel libro, non riesco neanche a sintetizzare quel che ho voluto esprimere in questa chiacchierata. Per dare degli spunti, direi che il ragionamento da una parte analizza il significato di merito, contestualizzandolo nella distonia di una società basata sulla crescita economica a tutti i costi, dall’altra si focalizza sul concetto di potere. Non c’è dubbio che il fine ultimo, nel contesto della storia che racconto, sia quello di demolire i luoghi comuni presi a giustificazione delle differenze sociali in essere.

R. Non credo che tu abbia voluto scrivere un saggio per cui non sarà nelle tue intenzioni lanciare messaggi ma cosa ti piacerebbe che i tuoi lettori cogliessero in questo romanzo.

F. Quel che mi piacerebbe rimanesse del libro ad un lettore generico è un punto di vista in cui si prenda atto, se ce ne fosse bisogno, dell’illogicità della nostra società, della possibilità di cambiare e del fatto che la rinuncia ad alcuni privilegi da parte dei singoli rappresenti conditio sine qua non per cambiare. Inoltre, mi piacerebbe trasmettere l’idea che le rinunce da fare, nel momento in cui la società cambiasse davvero, perderebbero quel peso che oggi le fa sembrare inaccettabili. Guardando all’orizzonte temporale, la scelta di raccontare un cambiamento così rapido è dettata da un espediente letterario per cui, in questo caso utopisticamente, sia il libro stesso a determinare il cambiamento così come è un libro a determinarlo nella narrazione. Detto ciò, sono profondamente convinto che un cambiamento radicale sia necessario quanto urgente.

R. C’è una frase che ho riconosciuto ed è quando parli del “pezzettino”, si tratta di una citazione di Teresa Sarti Strada Emergency lascia il segno anche qui.

F. Mi sembrava bello e doveroso inserire nel libro un tributo a Teresa, il suo concetto del “pezzettino” si sposa benissimo con una società dove ognuno fa la sua parte, senza la necessità che pezzi grossi o eroi vengano messi sui piedistalli dall’opinione pubblica. Anche l’aver ideato una storia e dei personaggi ordinari va nella stessa direzione, quella di eliminare gli individualismi. 

R. Grazie Fiusdo

Roberto Pergameno

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