L. Venerdì scorso, dopo la nostra consueta riunione, ho riaccompagnato a casa Silvia e ho visto che alla fine della strada, sotto casa tua c’era una pattuglia dei carabinieri. Cosa era successo?
M. Era successo che il mio coinquilino senegalese era uscito fuori, a prendere aria, in casa c’era troppo caldo, ha approfittato per chiamare la sua famiglia in Senegal. Di fronte c’è un palazzo di nuova costruzione e una donna che abita lì ha chiamato i carabinieri dicendo che un nero stava guardando dentro la sua casa.
L. Quindi hanno chiamato i carabinieri, dicendo che un nero guardava dentro la sua casa …
M. Sì, dicendo che il nero non si spostava da lì e fissava dentro la sua casa
L. beh! Mi viene quasi da ridere, scusami. Racconta cosa è successo poi
M. Sì, fa ridere. Lei ha spiegato ai carabinieri che il ragazzo nero è un delinquente e che stava guardando attraverso i muri, dentro casa sua …
L. E i carabinieri?
M. Hanno parlato con il ragazzo … lo hanno intervistato-interrogato … Il ragazzo ha anche spiegato che loro già vivevano lì, prima della signora. I Carabinieri gli hanno detto che non sta facendo nulla di strano ma, per evitare questioni, sarebbe meglio spostarsi un po’…
L. Dunque, i carabinieri hanno consigliato di spostarsi?
M. Sì. Comunque hanno detto chiaramente che non siamo ben voluti: qui già in passato ci sono stati degli scontri, i vicini di casa non gradiscono la nostra presenza. Addirittura dovette intervenire il Sindaco.
L. Mi viene ancora di più da ridere, questa storia sembra una commedia del teatro dell’assurdo —
M. Beh, in effetti la nostra dirimpettaia si è lamentata anche della puzza di cucina notturna durante il Ramadan!
L. Siete sotto assedio!
M. … Bisogna ridere!
L. Trent’anni dopo i Quattrocento colpi, il reportage di Kassovitz dalle banlieues, La haine, ci ha fatto vedere qualcosa dell’esistenza di migranti socialmente emarginati, espulsi dalla città bianca. E ciò ha a che fare, anche se in forme diverse, anche con il nostro paese, in cui il razzismo non ha dimora semplicemente perché, a destra e a sinistra, è sconveniente parlarne. In poche parole: alla condizione di svantaggio endemico dei migranti, si aggiungono, nel caso dei migranti neri, le etichette dell’estraneità, del sospetto, della paura e del disprezzo. (Cfr Petti, 2011)
Cioè, dell’esclusione.
Partendo dall’idea che il senso comune non può essere disgiunto dal potere normativo – dall’assunto foucaultiano che la società è anche costituita dai discorsi delle istituzioni – dovremmo aprire gli occhi sui meccanismi, dispositivi disciplinari, congegni micro-sociali con cui anche le istituzioni fabbricano lo straniero a proprio uso e consumo.
Mahamadou Ba e Lavinia B.
Foto di Marcello Scopelliti