Memorie d’infanzia di un non-migrante

Sono nato in una famiglia grande, composta di 8 fratelli, ma all’età di 11 anni mi sono ritrovato da solo a casa: i miei fratelli per motivi di studio, lavoro e matrimoni erano usciti dalla nostra casa e i miei genitori lavoravano fuori.

Quando invece i miei fratelli c’erano … ne subivo la prepotenza e quella prassi aggressiva verso di me, che ero il più piccolo: spesso si accanivano contro me e io mi allontanavo, passando la notte a casa di amici. Ero molto piccolo.

Mio padre tornava a casa ogni tre mesi, due vacanze da 15 giorni e una vacanza da tre mesi;

mia madre lavorava dal lunedì mattina al venerdì sera nell’impresa di pastorizia della famiglia: ma la vedevo ogni quindici giorni, perché alternava i suoi rientri tra me e i miei fratelli.

Il nostro rapporto era questo: due weekend al mese insieme.

Non ero un bambino come gli altri … avevo delle difficoltà: la prima, balbettavo, non potevo parlare; la seconda, non mi piaceva stare fra le persone, avevo difficoltà a mangiare con altre persone e, in particolare, a mangiare il cibo preparato da altre persone.

Avevo dei problemi.

Mi trovavo da solo ma comunque avevo una credenza: ogni pomeriggio andavo ad aspettare il treno dei pendolari: chi conosceva mia madre mi mandava i suoi saluti e a volte delle cose …. Ma in realtà la cosa più importante era che io immaginavo che mia madre scendesse dal treno.

Sapevo fosse una immaginazione, ma stare in quel luogo mi connetteva con mia madre, la sentivo vicina e … così ogni giorno nel pomeriggio, verso le 17.00 andavo lì e nessuno, nessuno poteva interrompere questo rito.

Passavano i giorni e un giorno … mia madre scendeva dal treno.

Avevo anche dei grandi problemi a scuola; la balbuzie, la timidezza, ero vittima dello scherno di studenti e insegnanti: mi facevano dire delle parole solo per ridere. Spesso fuggivo dalla scuola e andavo a giocare a dama o a carte. Ho imparato tantissimo attraverso i giochi. Era la sola cosa in cui mi trovavo perché non dovevo parlare: serviva solo la concentrazione e l’intelligenza. Ero a mio agio e ho imparato la pazienza e la riflessione che mi hanno aiutato tantissimo negli anni successivi. Io assorbivo tutto, tutta la lezione, ero concentratissimo, avevo imparato nel gioco: se ti distrai, l’altro vince e io, non potevo e non amavo perdere.

Non potevo perdere nell’unico terreno dove non subivo umiliazioni. Mi davo al 100%, era il mio terreno, non avevo nessuno a casa che mi aiutava a fare esercizi e letture. Ero solo. Ho imparato tutto questo da solo. Ho imparato velocemente a parlare francese: perché non era la mia lingua e non mi vergognavo, perché potevo fare errori senza essere umiliato: non era la mia lingua!

 I compagni del quartiere mi aiutavano a parlare francese: non avendo paura di sbagliare, imparai presto e bene e nel giro di poco tempo tutti erano intimiditi dal mio francese fluente.

Il mio problema è sempre stato la mancanza: dei genitori, dei fratelli …

E poi, se vedo che una persona mi vuole tanto tanto bene, io scappo … perché ho capito che anche l’amore non può impedire l’abbandono.

Ci sono mille complicazioni nella vita, nessuno e niente ci mette al riparo dall’abbandono.

Questa mancanza mi ha fatto odiare l’idea del viaggio e degli spostamenti: non volevo allontanarmi dal luogo in cui sono nato e cresciuto …

Mahamadou Ba

Foto scattata da turisti inglesi a Kati nel 1998, mentre giocavo. Me ne lasciarono 3 copie.

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