Lunàdigas

Un lunedì sera. Caldo ma non troppo, tante persone (tante davvero) che si ritrovano a guardare un film all’aperto. Il film è denso, delicato, c’è musica buona, le immagini catturano. Le persone, tra il pubblico, dicono che “c’era una atmosfera magica” …

Poi si parla, si riflette senza censure e con semplicità. Sì, perché di censure ce ne sono sin troppe, soprattutto quando si parla di maternità, di destini di autodeterminazione e di libertà di scelta.

Tutto questo è accaduto ai giardini del Comune di Latina con la proiezione e la seguente narrazione a più voci di Lunàdigas.

Questo evento è stato fortemente voluto e progettato dal nostro Collettivo PrimoContatto ed è stato realizzato all’interno del Festival di Villa fogliano e grazie al supporto insostituibile di Nazareno Ranaldi.

Lunàdigas raccoglie oltre 80 testimonianze di donne (raccolte in un archivio preziosissimo e accessibile dal sito) e restituisce loro la parola. Sono tante le suggestioni e le tematiche calde emerse dal film; ne scelgo una: Le domande illegittime e la violenza (sottesa) delle parole.

Hai figli? Perché sei venuto/a in Italia?
Potremmo definire queste domande illegittime … domande non solo “non decidibili” ma anche e soprattutto intrise di violenza. Violenza tanto più forte quanto più implicita, sottesa e “normale-normalizzata”.

Ci sono “pezzi di vita” indicibili e inaudibili … disimparare le abitudini culturali che ci portano a indagare-catalogare-incasellare– incistare dovrebbe essere una delle nostre sfide educative. Ansie classificatorie figlie di un’educazione colonizzante, figlia, a sua volta, di un patriarcato-suprematista-capitalista-bianco, come definito da hooks.
Queste domande implicano la scelta delle parole. 
La scelta delle parole dovrebbe essere un esercizio sistemico … noi siamo le parole che usiamo, le parole sono gli attrezzi della nostra cultura. Paradosso stridente:  “definire per forza” … oppure …  invisibilizzare “non nominare”.

Ecco la dicotomia figlia del nostro dualismo cartesiano (e, ancora, patriarcale)!

Il non-pensato non è nominato; il non compreso (non omologato) viene indagato violentemente.

Lunàdigas, sceglie un nome per chi un nome non ha, consapevole che per alcun* possa suonare come ennesimo ghetto-gabbia … Tuttavia, partire da un nome è essenziale.

Grazie Lunàdigas, che con garbo, delicatezza e semplicità disvela “cosa c’è sotto”, grazie perché per la prima volta a Latina abbiamo potuto pensare che la logica dell’ o-o non è applicabile ai vissuti delle persone e, ancora, abbiamo detto ad alta voce che “senza figli” non è meglio o peggio di “con figli”: “senza figli” è un ANCHE …

Testo: Lavinia Bianchi
Foto: Marcello Scopelliti

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