Frantz Fanon ci ha destabilizzati e spiazzati con lucida determinazione, quando nella seconda metà del ‘900 ha dato voce ai dannati della terra. I dannati della terra, capolavoro del 1961, è uno dei testi più ricchi, raffinati e complessi sul tema del colonialismo, sui suoi risvolti sociali, culturali, psicofisici e sulle tragiche implicazioni che ha per i popoli colonizzati e oppressi.
Ma che ne è delle dannate della terra?
Scrive Simonetta Ulivieri (1995, p. 68): «[…] se la storia della donna cammina accanto a quella, anch’essa dimenticata, dei “diversi”, è dunque necessario, per riscriverla, allargare il concetto di voce narrante, e considerare che accanto a quelle tradizionali si possono, si debbono utilizzare anche fonti “altre”: alla storia d’archivio, si affianca anche quella orale, alla storia iconografica (attraverso la pittura, la fotografia, il film, ecc.) si lega la storia sociale e/o quella dell’immaginario, condotte anche attraverso la narrativa».
La storia delle donne e la storia degli ultimi camminano insieme e insieme vivono un’ambiguità ontologica che contribuisce a determinare la loro invisibilizzazione: neutralizzate e neutralizzati attraverso definizioni che sottraggono la loro presenza e lasciano un’incertezza perturbante.
Per dirla con le parole di Lonzi, le donne e gli “altri” sono il «soggetto imprevisto», quelle soggettività escluse, definite per difetto, alle quali Fanon regala però un valore performante, ponendoli nella storia come lo squarcio che scardina lo scorrere degli eventi; scrive Lonzi (2010, p. 47): «[…] seguendo il filo conduttore della negazione della dialettica e quindi dei dualismi, esiste una soggettività che si apre alla trascendenza e diventa per questo soggetto imprevisto, indisponibile alle cristallizzazioni identitarie fatte a partire dal dato biologico o simbolico».
Le dannate della terra, come soggetti subordinati per eccellenza, hanno però in sé -in potenza- un potere dirompente, quello derivante da una visione multipla e prospettica delle soglie abitate; conoscono il centro e il margine: il privilegio dell’abitare la soglia, dell’incarnare l’audacia e il coraggio, dell’essere l’imprevisto che genera una ‘differenza che genera una differenza’ (Bateson, 1976).
Per imparare a ‘vedere’ il mondo contemporaneo (Mirzoeff, 2017), con le sue diseguaglianze crescenti e i suoi pervasivi processi di razzializzazione, bisogna saperlo immaginare altrimenti, disimparando vecchi paradigmi e accettando di vivere nella vertigine di una nuova visione prospettica, imparando lo spaesamento.
Viviamo in una società carica di vecchi e nuovi razzismi, di nuove leggi transnazionali, di linguaggi coloniali che paiono godere di una nuova primavera ideologica: è necessaria e urgente un’azione pedagogica, etica e umanizzante.
Secondo Grosfoguel (2016, p. 10): «[…] il razzismo è una gerarchia globale di superiorità e inferiorità dell’umano che è stata prodotta e riprodotta per secoli a livello politico, culturale ed economico dalle istituzioni del sistema mondiale capitalista/patriarcale, moderno/coloniale, centrato sull’occidente e sulla cristianità».
… Chi sono le dannate della terra?
Una fiaba crudele
«Si tratta di minori!», «vittime di tratta, vittime di tortura, vittime di sfruttamento»: sono alcune delle “bolle lessicali” (Dal Lago, 2004) che caratterizzano le pratiche discorsive degli autoctoni – spesso operatori sociali che raccolgono le storie delle migranti – intrise di una inconsapevole riproduzione del potere. La narrazione del vissuto migratorio vive nel limbo delle interpretazioni e traduzioni delle persone che raccolgono storie nel paese di accoglienza; un lessico performativo intriso di potere neocoloniale (Bianchi, 2019, a) che si allontana dall’imperativo etico di “restituzione della voce” proprio di una ricerca orientata alla giustizia sociale.
La storia delle vittime di tratta, somiglia a una meta-storia che accomuna tutte, una sorta di fiaba crudele: la ragazza orfana o venduta, arriva in Italia con l’inganno e un rito – il rito Jiju – la lega inestricabilmente alla madame, la donna che provvederà a farle avere documenti di viaggio e che la ridurrà in schiavitù. Le diverse accezioni della violenza, dalla tratta allo sfruttamento fino alla più subdola forma di violenza legata all’auto-colonizzazione sono “ingredienti” della sceneggiatura di un copione tristemente noto.
L’ idea di uno di questi “ingredienti”, l’autocolonizzazione, è espressa in maniera chiara ed efficace da Fanon nelle pagine introduttive de I dannati della terra (1961), quando afferma che non è tanto la dominazione e lo sfruttamento dei colonizzatori,quanto l’interiorizzazione di stereotipi discriminatori a rendere i colonizzati simili a zombi. Strettamente correlata è una ulteriore riflessione contenuta nel testo antecedente Pelle nera maschere bianche (1952), nel quale Fanon condivide con il lettore l’impegno imprescindibile di dover portare alla coscienza l’inconscio del colonizzato, a non tentare più una lattificazione (parvenza bianca, sbiancamento, ossessione bianca) allucinatoria: il nero o il migrante, per lo più proveniente da paesi che hanno già vissuto il dramma del colonialismo, mette in atto un rapporto di identificazione ambivalente con il colonizzatore bianco; “lactification hallucinatoire” (Fanon, 1952). Il delirio di lattificazione è attualizzato, trasformato e assume, nel ‘sistema femminile’, sfumature dell’estetica estrema: pur di emanciparmi, pur di estirpare lo stigma, pur di ‘integrarmi’ … sbianco la pelle.
La storia di Hope
Lattificazione come unica assimilabilità al nuovo contesto, alla parte bianca ed evoluta del mondo: “mi sbianco la pelle per essere bella”, sembra dirci Hope, una delle minori straniere che ho avuto il privilegio di incontrare nel mio percorso umano e professionale …
Il sortilegio è una crema che si chiama “Caro white”. Questo potente schiarente per la pelle è prodotto nella Repubblica Democratica del Congo, viene descritto come una lozione di bellezza e non sono disponibili ulteriori informazioni nella confezione. Su Ebay con un prezzo di 100,00 euro si può acquistare un kit completo schiarente “Caro White Beauty Set”, composto da crema viso, crema corpo, olio e sapone.
In Amazon si può acquistare per 55,70 euro “Carrot Lite+”, set schiarente per la pelle, lozione, barattolo di crema, tubo di crema, sapone e olio.
In Italia il commercio di questa crema è vietato; presenta infatti un rischio chimico poiché contiene idrochinone (come riportato in etichetta), sostanza appunto vietata dalla Direttiva sui Cosmetici 76/768/CEE. Eppure si trova facilmente negli “African Shop”, basta andare a Roma Termini e il gioco è fatto.
Hope – nome di fantasia – la usa quotidianamente da anni, soprattutto sul viso. Il suo viso appare leggermente più chiaro delle altre ragazze ospiti e, nelle foto, è sempre in primo piano. Hope ha una storia orribile, orribile tanto quanto altre storie. Venduta dalla madre a soli 16 anni, madre che presenziava al rito juju. Il Native doctor, lo sciamano o Babalow, che officia il rituale Juju cui le vittime di tratta vengono sottoposte, attraverso una procedura atavica che mette insieme parti del corpo (peli, unghie), capelli, sangue mestruale, formalizza un patto di sangue che vincola chi lo subisce con il terrore; il rito che ha una potenza incredibile tanto da indurre in alcuni casi anche la morte (noi diremmo morire di crepacuore), creare suggestioni di vermi che formicolano, apnee notturne, condiziona in maniera massiccia le vittime (Taliani, Vacchiano, 2006).
Per rompere il juju si deve pagare un debito, mancando il quale si mette a rischio la vita dei propri familiari.
Hope ha pagato il suo debito prostituendosi in Libia per otto mesi nelle guest-house o Connection house: la casa chiusa/bordello, dove vengono “addestrate” le vittime di tratta in Libia, pronte poi a raggiungere le strade italiane. Secondo l’iter del rito sarebbe dovuta tornare in Niger e recuperare i suoi vestiti sull’altare del patto così da romperlo. La mamma però continuava a chiedere soldi perché i fratelli di sangue erano malati e quindi non poteva smettere. Hope ha perso due fratelli.
Come già accennato, il 9 marzo 2018 l’Oba “il re” Ewuare II, ossia la massima autorità religiosa del popolo Edo, nella zona del delta del Niger, ha formulato un editto in cui revoca tutti i riti di giuramento che vincolano con maledizioni terribili le ragazze trafficate, obbligando i preti juju a non praticarne più. Il ‘crollo’ psicologico è arrivato nel momento in cui è finalmente emersa – slatentizzata – la sua non accettazione di quanto accaduto in Libia: Hope fa venti docce al giorno, accumula oggetti, soprattutto succhi di frutta e acqua, per paura di rimanerne senza. Nelle guest-house in Libia se non obbedivi alla maman non ti facevano mangiare né bere … otto mesi che valgono trenta anni.
Dopo ci sono stati due tentativi di suicidio; quei tentativi di suicidio erano parte della sua ricostruzione, lo avremmo capito molto dopo.
Oggi è l’8 Marzo e con questo racconto immaginiamo di sollecitare un pensiero che possa tradursi in consapevolezza, che ci aiuti a decostruire visioni consolidate, narrazioni edulcorate in bilico tra pietismo e sensazionalismo.
A Giovanna,amica e collega che mi ha insegnato a resistere
Testo: Lavinia Bianchi
Immagini: Marcello Scopelliti
bibliografia
Appadurai A., Sicuri da morire. La violenza nell’epoca della globalizzazione, Meltemi, Milano, 2005.
Bateson G. Forma, sostanza e differenza. In Verso un’ecologia della mente, 464-484, Adelphi, Milano, 1976.
Bianchi L. (a), Un piano d’azione per la ricerca qualitativa in intercultura. Epistemologia della complessità e Grounded theory costruttivista, Franco Angeli, Milano, 2019.
Bianchi L., (b), Imparando a stare nel disordine. Una teoria fondata per l’accoglienza dei Msna in Italia, Roma Tre Press, 2019.
Bianchi L., Pesce M., Rincollare la tazzina. Le buone pratiche dell’accoglienza e processi di resilienza delle MSNA nigeriane vittime di tratta nel territorio pontino, in Osservatorio Romano sulle Migrazioni. Tredicesimo rapporto IDOS edizioni, Roma, 2018, pp. 63-68.
Fanon F. (1961), I dannati della terra, Einaudi, Torino, 2000.
Fanon F. (1952), Pelle nera, maschere bianche, Edizioni ETS, Pisa, 2015
Grosfoguel, R, What is Racism?, in: «Journal of World-systems Research», 22(1), 2016.
Lonzi C., Sputiamo su Hegel. La donna clitoridea e la donna vaginale, scritti di Rivolta Femminile, et al./Edizioni, Milano, 2010.
Mirzoeff N., Come vedere il mondo. Un’introduzione alle immagini: dall’autoritratto al selfie, dalle mappe ai film (e altro ancora). Johan & Levi, Monza, 2017.
Taliani S.,Vacchiano F. Altri corpi. Antropologia ed etnopsicologia della migrazione, Unicopoli, Milano, 2006.
Ulivieri S., Educare al femminile, ETS, Pisa, 1995.