I giorni in cui si sta bene si aspira a vivere “di più”.
Allora ci si carica di impegni, si recupera il lavoro perso, si assapora la vita, si corre in ogni dove e si sorride. Il velo di Maya cade e tutto è brillante e intenso.
Dal 1990, dall’età di 7 anni, l’emicrania mi accompagna, è una fedele compagna, prevedibile e patetica che invalida la mia vita.
Quando frequentavo il primo anno di Liceo Pedagogico, scendendo dal pullman, la sensazione era di avere una febbre molto alta: puntualmente, rientrando a casa trascinandomi, chiedevo a mia nonna il termometro e … no, niente febbre! Allora nonna mi “toglieva il malocchio”: nel piatto l’olio scintillava e lampava, lei diceva nel suo dialetto “Ne te uno!” (hai un malocchio potente, adesso va via e il mal di testa passa). Non ricordo se la magia che assecondavo per affetto di mia nonna fosse una coccola temporanea o, se invece, in quel momento, distratta e incantata riuscissi a sentire meno dolore.
Negli anni le cose sono peggiorate e di molto. Inizia la ricerca sperimentale, la presa in carico in un polo d’eccellenza, iniziano gli oppiacei, i triptani e una sfilza infinita di tentativi (ed errori).
La mia emicrania compare prima delle mestruazioni e subito dopo, ma anche prima dell’ovulazione e anche subito dopo. Mi dicono si chiami “super cervello” legge ogni minima alterazione ormonale come un segnale di allarme e reagisce. Ma i miei ormoni funzionano alla perfezione e anche la mia attività celebrale (sì … tac, risonanza, etc etc).
Le crisi durano da 24 a 70 ore e il dolore diminuisce solo se il farmaco di turno viene preso prima che sia troppo tardi: ho sempre a portata di mano la medicina, di solito il dolore mi sveglia di notte e se non mi sbrigo, rischio di vomitare da quanto diventa forte.
Negli anni mi sono abituata ad alzare sempre un po’ di più l’asticella del dolore: ci si abitua a resistere sempre un po’ di più, imparando a soffrire con un certo distacco. Oggi è una di quelle mattine, oggi scrivo per esorcizzare il dolore della mia testa rotta.
Non abbiamo una esenzione per patologia e, inoltre, la nostra afflizione non ha un riconoscimento formale è, a oggi “una patologia sociale” lo ha stabilito la legge approvata definitivamente dal Senato lo scorso 8 luglio con 235 voti favorevoli, 2 contrari e nessuna astensione che, di fatto, senza una traduzione operativa non determina che un riconoscimento simbolico, privo di ricadute.
L’emicrania o cefalea cronica non sono state inserite nell’elenco dei Livelli essenziali di assistenza (LEA); ossia le prestazioni e i servizi che il Servizio Sanitario Nazionale è tenuto a fornire a tutti i cittadini, gratuitamente o dietro pagamento di una quota di partecipazione (ticket) – e, quindi non siamo neppure sottoposti a verifiche o monitoraggio da parte del SSN.
E questo avviene nonostante il Global Burden delle cefalee abbia classificato l’emicrania al settimo posto fra le malattie invalidanti e addirittura l’emicrania cronica al terzo posto per le donne, come malattia invalidante calcolata come anni di vita persi per la malattia.
Non sono brava con i numeri, ma so che siamo moltissime persone e mi chiedo come sia possibile essere ancora invisibilizzati da un sistema sanitario che garantisce assistenza e tutela per ciascuno e tutte/i.

Testo: Lavinia Bianchi
Foto: Marcello Scopelliti
Illustrazione: “La Colonna Rotta” di Frida Khalo